martedì 19 novembre 2013

Bullismo: che fare?

guida realizzata da telefono azzurro per aiutare tutti i boys and girls a riconoscere ed affrontare le varie forme di bullismo.

COS’È IL BULLISMO

Hai mai litigato con un amico o giocato a fare la lotta o fatto uno scherzo per ridere insieme? È normale, è il bello della tua età. Il bullismo invece non è un gioco. È prepotenza fisica, verbale e psicologica tra ragazzi come te, ma che può avere conseguenze molto gravi. Impara a riconoscerlo per non cadere nella sua trappola.

BOTTE MINACCE E INTIMIDAZIONI PRESE IN GIRO - INSULTI COMMENTI A SFONDO SESSUALE - LE FORME PIÙ COMUNI DI BULLISMO

59,9% soprannomi spiacevoli

46,6% derisione per l’aspetto fisico

46,1% esclusione dal gruppo

28,7% cyber-bullismo

FURTI O DANNEGGIAMENTI - FORSE NON SAI CHE...

il 15,09%  degli studenti è vittima di bullismo e cyber-bullismo

il 51% dei ragazzi ha assistito a episodi di bullismo

il 79% degli atti di bullismo avviene a scuola

FONTI ABC - Europe’s AntiBullying Campaign http://www.e-abc.eu/it/bullismo
Eurispes - Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia 2011

Sito www.azzurro.it
Ricordati che puoi sempre rivolgerti gratuitamente a Telefono Azzurro:
attraverso il servizio ch@t disponibile tutti i giorni dalle 16 alle 20 su azzurro.it - chiamando il numero gratuito riservato a chi ha bisogno di aiuto 1.96.96

Anche pettegolezzi o continue esclusioni dal gruppo possono essere considerati bullismo.

il 10,2% ha ricevuto sms a sfondo sessuale
il 20% dei ragazzi ha trovato proprie foto imbarazzanti online
il 23,6% ha trovato proprie informazioni false

SAI CHE...
Internet è come il cortile della tua scuola, solo molto più grande. E in più possono entrare tutti, anche gli sconosciuti. Per questo devi stare attento a come usi il web e i social network. Il bullismo è anche lì, e si chiama cyber-bullismo.

E C’È ANCHE IL CYBER-BULLISMO
Offese sui social network - Furto di identità per mettere in imbarazzo - Pettegolezzi via sms - Insulti via sms o chat - Minacce via e-mail - Pubblicazione di foto o video umilianti.

SE VEDI UN EPISODIO DI BULLISMO
• Non fare finta di niente
• Rifiutati di partecipare
• Cerca di far capire al bullo che sta sbagliando
• Chiedi aiuto a un adulto
• Stai vicino al compagno che ha subito le prepotenze e accompagnalo dall’insegnante
• Invita i tuoi amici a non sostenere il bullo

SE PENSI CHE ESSERE BULLO SIA FIGO
• Chiediti perché: pensi che non avresti amici se non fossi un bullo?
• Pensaci bene, di sicuro hai altre qualità per essere popolare tra i compagni
• Prova a metterti nei panni delle vittime: ti piacerebbe essere trattato così?
• Magari ti comporti così perché c’è qualcosa che ti mette a disagio: parlane con un adulto
• Forse non lo sai, ma fare il bullo potrebbe portarti sulla cattiva strada
Può capitare di fare cose sbagliate alla tua età, ma puoi sempre rimediare: parlarne è il primo passo!

SE QUALCUNO FA IL BULLO CON TE
• Non vergognarti per ciò che accade, non è in alcun modo colpa tua
• L’isolamento non è una soluzione. Altri ragazzi possono essere stati coinvolti in episodi di bullismo, ricordati che non sei solo
• Rispondere “con la stessa moneta” rischia di peggiorare la situazione
• Chiedi aiuto, non aspettare, fallo subito! Ricordati che chiedere aiuto non significa essere una spia o un debole, ma è il primo passo per risolvere la situazione
• Racconta ai tuoi insegnanti quello che accade, magari con l’aiuto e l’appoggio di qualche compagno
• Parlane con la tua famiglia

SE QUALCUNO TI INFASTIDISCE ONLINE
• Invia al cyber-bullo un messaggio in cui, in maniera chiara, dici che il suo comportamento ti sta disturbando e lo inviti a smettere; nel caso non smetta, evita di rispondergli
• Segnala le azioni che ti danno fastidio ai moderatori o a chi gestisce il sistema
• Blocca o filtra tutte le e-mail e la messaggistica immediata provenienti dal cyber-bullo
• Evita di visitare i forum, le chat o comunque di partecipare a gruppi di discussione dove hanno avuto luogo gli attacchi. Eventualmente cancellati
• Se gli attacchi dovessero continuare, considera la possibilità di cambiare indirizzo e-mail, account o la username per impedire di essere identificato
• Parla con un adulto. Ciò vale anche nel caso in cui non sia tu la vittima diretta, ma ti sia capitato di assistere a episodi di cyber-bullismo


LA GUIDA DEDICATA AI GENITORI PER AIUTARLI A STARE VICINO AI PROPRI RAGAZZI

COS’È IL BULLISMO
Il bullismo è una prevaricazione intenzionale, ripetuta nel tempo, che prevede l’utilizzo di violenza fisica, verbale o psicologica e può avere conseguenze molto gravi.

LE FORME PIÙ COMUNI DI BULLISMO: BOTTE MINACCE E INTIMIDAZIONI - PRESE IN GIRO - INSULTI - COMMENTI A SFONDO SESSUALE

Per non sottovalutarlo bisogna riconoscerlo:
- Torna spesso a casa con vestiti stracciati o sgualciti, libri o oggetti rovinati o vi dice di aver perso i soldi che gli avevate dato
- Ha lividi o ferite per i quali non riesce a fornire una spiegazione
- Non invita più a casa i compagni di classe o i coetanei e non trascorre più del tempo con loro
- Smette improvvisamente di andare su Internet o, al contrario, controlla in continuazione i propri profili sui social network
- Ha paura di andare a scuola o in altri luoghi di aggregazione che prima frequentava abitualmente
- Ha mal di stomaco o mal di testa frequenti prima di andare nei luoghi di aggregazione (ad es, scuola, palestra), improvviso calo nel rendimento scolastico, difficoltà del sonno, inconsueti sbalzi di umore, irritazione o scoppi d’ira

FURTI O DANNEGGIAMENTI
15,09% degli studenti è vittima di bullismo e cyber-bullismo
51% dei ragazzi ha assistito a episodi di bullismo
79% degli atti di bullismo avviene a scuola

I CAMPANELLI D’ALLARME
I ragazzi hanno un’intensa attività online. Se il bullismo è circoscritto all’aula o
al gruppetto di presenti, il cyber-bullismo può contare su una platea sconfinata, aumentando in modo esponenziale le sofferenze delle vittime.

E C’È ANCHE IL CYBER-BULLISMO
Offese sui social network Insulti via sms o chat - Minacce via e-mail - Pubblicazione di foto o video umilianti

UN PROBLEMA REALE
Bullismo e Cyber-bullismo possono avere conseguenze gravissime sulla vita di un bambino o un adolescente, a volte anche estreme. Non sottovalutare il problema, mantieni sempre alta l’attenzione sul mondo di tuo figlio.

CONSIGLI PER CONTRASTARE IL BULLISMO
• Educa a comportamenti relazionali positivi, dando l’esempio in famiglia
• Educa all’accettazione, all’ascolto e al rispetto per l’altro
• Invita a non rimanere indifferente davanti alle ingiustizie, anche a quelle che non riguardano i suoi amici
• Presta attenzione ai segnali di malessere di tuo figlio
• Se tuo figlio ti racconta una situazione di bullismo, ascolta senza minimizzare e giudicare quello che ha fatto/non ha fatto
• Ascolta il suo parere valorizzandone l’iniziativa e trovate insieme un modo per risolvere la situazione
• Stimola tuo figlio a trovare attività nuove e gratificanti, anche al di fuori della scuola, che possano aumentare la sua autostima
• Confrontati con gli insegnanti e cercate insieme una soluzione
• In caso di necessità, rivolgiti a Telefono Azzurro chiamando il numero 1.96.96

CONSIGLI PER CONTRASTARE IL CYBER-BULLISMO
• Cerca di conoscere il mondo online di tuo figlio, cosa fa, che siti frequenta, chi incontra
• Insegnagli a usare Internet con la testa, in particolare a non inviare informazioni sensibili
• Spiegagli quali rischi corre online, come quelli legati all’invio di foto/video di se stesso che possono finire nelle mani sbagliate
• Insegnagli a comportarsi correttamente e responsabilmente online
• Invitalo a informarti subito se qualcuno lo importuna online
• Presta attenzione anche ai piccoli cambiamenti che avvengono nel suo comportamento e nei suoi atteggiamenti, ancor più se improvvisi
• Mantieni un dialogo sempre aperto con gli insegnanti, la scuola
e le altre figure educative
• In caso di necessità, rivolgiti a Telefono Azzurro
chiamando il numero 1.96.96

domenica 17 novembre 2013

Pakistan: Vietato leggere il libro di Malala



Vietato essere Malala, l’autobiografia bandita in tutte le scuole


Domenica 10 novembre 2013 la Federazione delle Scuole private pakistane ha deciso di vietare l’uso del libro autobiografico “I am Malala” (Io sono Malala), scritto dalla giovane attivista insieme alla giornalista britannica Christina Lamb. Il libro è stato vietato in 40.000 scuole private del Pakistan, perché considerato uno “strumento dell’Occidente”.

ht_malala_book_cover_kb_131003_16x9_992Lo ha annunciato Adeeb Javedani, presidente dell’Associazione per la gestione di tutte le scuole private del Pakistan. Come riporta l’Independent on Sunday, la Federazione, che rappresenta 152.000 istituti in tutto il Paese, fra cui quelli che formano i figli dell’élite politica ed imprenditoriale, non vuole il volume nei programmi scolastici e non lo metterà neppure a disposizione degli studenti nelle biblioteche. Secondo Javedani, «Il libro rappresenta l’Occidente, non il Pakistan».

Anche i vertici scolastici sottolineano l’«effetto negativo» che il libro avrebbe sull’educazione degli studenti. Kashif Mirza, presidente del’Associazione che riunisce gli istituti privati, spiega attraverso l’Independent on Sunday le ragioni del divieto:

Abbiamo analizzato il libro ed è emerso che ci sono molti commenti contrari all’ideologia dell’Islam, su cui si basa il Pakistan

Più precisamente afferma che il nome del profeta Maometto viene citato nel volume senza la sigla “La pace sia su di lui “, come è consuetudine in molte parti del mondo islamico. Milioni di bambini che frequentano le scuole private (la maggior parte visto il cattivo stato del sistema scolastico pubblico del paese) non potranno leggere il libro di Malala, probabilmente gli stessi scolari pachistani che dopo l’attentato avevano riempito le strade di cartelli con la scritta “Sono Malala”.


E’ passato poco più di un anno dall’attentato che ha cambiato la vita di Malala per sempre e risulta evidente che mentre la ragazza viene ormai considerata un’eroina a livello internazionale, nel suo Paese di origine crescono sentimenti anti-occidentali e si alimentano sentimenti contro Malala stessa.

La giovane ha rivelato verità scomode urtando i poteri politici e religiosi pakistani. Nell’anniversario dell’attentato, la scuola che la giovane frequentava non ha ricordato l’assalto. Studenti e insegnanti hanno paura. 

Anche se molte più bambine vanno a scuola dopo l’attentato contro Malala e si presta maggiore attenzione all’educazione femminile come risposta all’opinione pubblica internazionale, le minacce terroristiche sono aumentate e i bambini si nascondono alle telecamere.


Parte della popolazione locale si sente tradita da Malala, sostiene Ghufran Alì, professore del Degree College dello Swat, come se lei avesse abbandonato la valle per una vita più facile. Si rimprovera a Malala e alle sue due amiche Shazia Ramzan e Kainat Riaz (ferite in maniera meno grave durante l’attacco) di essersi trasferite in Gran Bretagna per ricevere un’educazione gratuita, mentre migliaia di ragazze in Pakistan continuano a rischiare la vita. Se Malala fosse ritornata in visita nel paese, secondo il professore, la gente si sarebbe sentita meno sola e abbandonata. Questo ragionamento non tiene conto però del grave pericolo che correrebbe la giovane nel rimettere piede nello Swat: i militanti minacciano di ucciderla se tornerà nel Paese.


A seguito dell’attentato i terroristi talebani non solo lo hanno rivendicato e non hanno ancora pagato per averlo commesso, ma hanno descritto Malala come il simbolo dell’oscenità e degli infedeli. Il portavoce dei talebani Shahidullah Shahid sostiene che i numerosi premi ricevuti dalla ragazza sono stati ottenuti perché lei sta lavorando contro l’Islam e che la ragazza è una spia americana.

La sua battaglia contro l’Islam sarebbe la ragione principale dei suoi premi. Molti studiosi islamici pakistani hanno denunciato pubblicamente i tentativi da parte dei terroristi di montare giustificazioni religiose inverosimili e l’attacco è stato fermamente condannato in Pakistan. Purtroppo però esistono frange di partiti politici pakistani che, come i terroristi , parlano di teorie del complotto: la sparatoria che ha coinvolto Malala sarebbe stata una messa in scena della CIA, un pretesto agli americani per continuare gli attacchi dei droni.

9 ottobre 2012: l’attentato a Malala


Un proiettile ha colpito l’occhio sinistro e l’altro il collo e la spalla. Inizialmente ricoverata in un ospedale militare vicino Islamabad, dove fu operata di urgenza, una settimana dopo viene trasferita nel Regno Unito per essere sottoposta a delicati e diversi interventi e cure riabilitative. Gradualmente, riesce a riacquistare la vista e la voce. Il 3 gennaio 2013, Malala viene dimessa dal Queen Elizabeth Hospital di Birmingham ma il 2 febbraio viene sottoposta ad un intervento ulteriore per la ricostruzione del cranio e il ripristino dell’udito. Questa ragazza ha dovuto attraversare una situazione psicologica e medica difficilissima e oggi vuole comunque rimanere in prima linea, non ha voluto arrendersi, non vuole lasciare sola la gente spaventata dal terrorismo in Pakistan e in tutto il mondo. Lei ha deciso di continuare ad esporsi pubblicamente e non ha affatto dimenticato chi continua a lottare per i propri diritti.

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Con il suo libro, le interviste, il suo impegno difende il diritto all’istruzione, desidera dare forza e voce alle popolazione femminile oppressa. “ I am Malala” è un racconto appassionato, che vuole dare speranza a molte ragazze nel mondo, parla della sua guarigione quasi miracolosa ed è un insegnamento per tutti, soprattutto per coloro che, essendo nati in un paese libero, forse non comprendono a pieno l’importanza di un’istruzione libera da ogni coercizione di stampo religioso e/o politico.
La battaglia di Malala per l’educazione delle bambine è iniziata quando aveva 11 anni, in un momento in cui i talebani agivano e si muovevano apertamente nella valle.

Secondo Ahmed Shah, amico di famiglia ed educatore, a sua volta minacciato di morte per le sue attività a favore dell’istruzione delle bambine, il fatto che gli aggressori della ragazza siano ancora liberi non aiuta. Non saranno mai presi probabilmente, sottolinea, perché raramente la polizia indaga su un incidente se i talebani lo rivendicano. E se indaga, di solito la paura spinge i giudici a rilasciare gli imputati.


Alle accuse o calunnie Malala risponde con spirito forte, coraggioso e combattivo. Lo scorso 11 ottobre ha dichiarato che in futuro le piacerebbe diventare primo ministro del suo Paese. Lo ha detto nel corso di un’intervista alla Cnn. La 16enne  ha specificato che inizialmente avrebbe voluto dedicarsi alla medicina, ma col tempo ha capito che potrebbe aiutare un numero maggiore di persone, diventando premier del Pakistan. E a proposito del premio Nobel per la pace per la quale molti la davano come candidata favorita, ma che poi è andato all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, Malala ha detto che “ha ancora molto da fare prima di meritarsi il Nobel”.

Il divieto della sua autobiografia non fa che confermare la paura per le conseguenze che potrebbe scaturire dal messaggio universale di Malala di pace e tolleranza tra Occidente e Oriente nelle nuove generazioni. Del resto è stata proprio Malala a ricordare nel suo discorso all’Onu che


Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione.

mercoledì 13 novembre 2013

In fuga per tornare a scuola

Pakistan: bambine in fuga dai talebani per tornare a scuola

La famiglia di Nargis viene da Bajaur, uno dei territori delle “aree tribali di amministrazione federale, le cosiddette “FATA”. (...) Le aree tribali sono tra le regioni più conservatrici del Pakistan. Qui gruppi radicali hanno stroncato anche con omicidi ogni moto di emancipazione femminile. Il livello di alfabetizzazione femminile è il più basso del paese e non supera il 5% contro il 34% dei ragazzi.
 
Racconta Nargil:“Quando sono arrivati i talebani, sono arrivati anche gli aerei da guerra. Quando sono cominciati i bombardamenti i talebani se ne sono andati. Quando sono iniziati gli scontri ci siamo messi a pregare. E abbiamo pianto appena sono iniziate a cadere le bombe. Le nostre case sono state distrutte. Quando le ragazze andavano a scuola i talebani sparavano in aria. E’ per questo che io non ci sono andata”.
 
Il padre di Nargis ha ricordi diversi:” I talebani non hanno mai sparato e non hanno mai impedito alle ragazze di andare a scuola. Non volevano fermare l’istruzione femminile. Volevano solo che insegnanti e studentesse indossassero il burqa “. 

Tra il 2008 e il 2010 oltre 4 milioni di persone hanno abbandonato le aree tribali nel Pakistan Nord Occidentale a causa di conflitti interni o della guerra al terrorismo. Parte degli sfollati è arrivata nel campo di Jalozai, vicino a Peshawar. Qui, migliaia di ragazze ricevono per la prima volta l’istruzione che era stata negata loro nelle aree d’origine.

Nargis, come altri nove mila giovani, frequenta ogni giorno una delle 33 scuole del campo di Jalozai. I bambini sono in totale 13.000. La sorpresa è che quasi la metà dei banchi è occupata da ragazze. Un risultato dovuto all’attività dell’Unicef, che gestisce le scuole, e che organizza regolarmente incontri con i genitori e forum di discussione tra famiglie, ragazzi e insegnanti. Il progetto che ha ricevuto quest’anno anche il sostegno dell’Unione europea attraverso i fondi del Nobel per la Pace ricevuto l’anno scorso. 

Deeba Shabnam, UNICEF racconta:“Abbiamo delle difficoltà soprattutto con le ragazze perchè per i genitori l’istruzione non è importante. Provengono da zone dove il matrimonio in età giovanissima è molto diffuso. I bambini si sposano a 9, 10, 12 anni. L’istruzione non ha alcun valore per loro”. 

Tra le insegnanti nel campo di Jalozai anche Sania Gul:“Ho perso i miei genitori, sono orfana. Ho un fratello che studia, è in terza. Lo sto aiutando nel suo percorso, così come aiuto il resto della famiglia. Se non avessi studiato, oggi non potrei aiutare nessuno”. 

Per Nargis:“E’ il momento di imparare ed è importante che l’istruzione sia alla portata di tutti. E’ necessario che anche le ragazze possano un giorno diventare dottoresse o insegnanti. Il mio sogno è di essere un giorno una maestra”. 

“Le famiglie si trovano in un ambiente nuovo” spiega Deeba Shabnam, UNICEF “Hanno la possibilità di mandare i figli a scuola, e hanno accesso a cure di base. Dal momento in cui arrivano nel campo iniziano a capire l’importanza della formazione e diventeranno più consapevoli di questo una volta usciti di qui a quel punto dovranno battersi per continuare a dare un’istruzione ai propri figli”. 

Il padre di Nargis assicura che la sua famiglia sta facendo tutto il possibile per ritornare nelle proprie terre. E in tanti lo hanno già fatto. Nargis, come le altre 4 mila ragazze del campo, potranno un giorno tornare nelle aree tribali con nuove armi per combattere l’ignoranza e la guerra.

martedì 12 novembre 2013

Chi sono i maestri di strada

(fonte: Maestri di Strada)

Maestro di strada è un nome forse coniato a New York, forse in Israele, noi maestri di Napoli lo abbiamo introdotto nell'uso comune per designare in modo efficace un modo di educare diverso a quello in uso nel nostro sistema scolastico ma forse più vicino ai modi originari dei maestri.

Maestro di strada
 
  significa mettersi sulla strada di chi vuole crescere e accompagnarlo (essere dalla sua parte e non di fronte a lui) per mostrargli la strada muovendo i passi per primi o osservandone e guidandone i passi;
 
   significa una disposizione del cuore che è una disposizione amorosa, ossia di cura e gratuità;
 
   significa una disposizione della mente aperta, che cerca di mettersi dal punto di vista di chi apprende, che capisce le emozioni, le ansie, le paure di chi apprende e sa essere rassicurante;
 
   significa una disposizione della persona forte, sufficientemente ferma da contenere le oscillazioni, le debolezze, le crisi di chi sta crescendo;
 
   significa frequentare luoghi aperti, senza reti di protezione, senza divise che ti proteggono,  dove il sapere e la competenza si incontrano e confrontano con le necessità della vita e con la convivenza civile;
 
   significa essere sempre esaminati e messi alla prova da una realtà che noi stessi contribuiamo a creare, quella di una persona autonoma che possiede saldamente la propria vita e la propria identità;
 
  significa infine lavorare perché una relazione così intensa e coinvolgente come quella educativa, abbia un termine e che il suo successo si misuri soprattutto dal modo e dal tempo in cui si conclude.

Tutto questo è stato sperimentato da chi scrive, da alcune decine di insegnanti della scuola pubblica italiana, da alcune decine di educatori professionali, pedagogisti, psicologi nell'ambito di un progetto  della scuola pubblica italiana e di altre istituzioni quali il Comune di Napoli o la Regione Campania che si chiama Progetto Chance.
E' stato sperimentato nelle periferie più degradate della città di Napoli,  nelle zone di guerra della criminalità  organizzata, e sappiamo che è l'unico modo per insegnare  a leggere scrivere far di conto, nel senso alto che questi termini hanno o dovrebbero avere, a giovani altrimenti condannati alla morte civile;  ed è l'unico modo per stabilire un legame con pezzi della società che altrimenti stanno percorrendo una strada che porta loro e noi verso una non-società, verso un ordine sociale basato sulla forza e l'esclusione, piuttosto che sulla convivenza e l'inclusione.

Tutto questo per troppo tempo è stata la mera testimonianza di un gruppo 'eroico', un progetto fra tanti che affollano i margini della scuola italiana; è stato sempre in bilico e dipendente da variabili 'esogene' quali gli umori e le convenienze immediate dei politici, gli umori e le convenienze dei vari gradi della burocrazia ministeriale.
Oggi per il dodicesimo anno consecutivo combattiamo una battaglia per la sopravvivenza che francamente non ci interessa molto, vorremmo invece combattere una battaglia per l'affermazione forte di una politica con i giovani che dovrebbe aiutare a migliorare la nostra società valorizzando appieno questa ricchezza piuttosto che occuparcene e male come problema. E' per questo motivo, che su sollecitazione di molti amici mi sono deciso ad aprire questo blog e spero di rendere un buon servizio alla causa che condivido con molti altri.
Sito della Associazione Maestri di Strada
Sito del Progetto Chance
Sito delle attivita' didattiche personli